Su quella lettera di Vincenzo Bianco datata 24 settembre 1944 ed alcuni problemi per fonti documentarie.
Studiare storia non è facile soprattutto la storia della Resistenza Italiana, di cui molti parlano e scrivono magari avendo letto e cercato ben poco. Inoltre l’uso politico della storia ed il puntare ad una storia condivisa, che è pure aspetto a mio avviso meramente politico, hanno portato ed ingenerato non poche confusioni.
Anni fa iniziai a studiare così, per caso, la strage di partigiani osovani a Topli Uorch, che venne collegata, da Verdi e Paolo che la denunciarono a fine guerra, al passaggio della Divisione Garibaldi-Natisone sotto le dipendenze operative del IX° Corpo d’Armata dell’Esercito di Liberazione Jugoslavo. (https://it.wikipedia.org/wiki/Processi_per_l’eccidio_di_Porzûs).
Così incominciai ad occuparmi anche di questo aspetto, vista pure l’ipotesi di Alberto Buvoli nel suo: L’eccidio di Porzûs, ipotesi interpretative, in Storia Contemporanea in Friuli, n.32, 2002, pp. 9-24.
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Volendo visionare in particolare la lettera di Vincenzo Bianco, Vittorio, datata 24 settembre 1944, indirizzata: secondo Pierluigi Pallante, (Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale Friuli- Venezia Giulia 1941-45, Del Bianco ed.,1980, p.192) alle Federazioni comuniste italiane della Venezia Giulia; secondo l’intestazione della lettera presente all’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, (IFSML, Fondo: Slovenia, documenti in copia dall’Archivio della Repubblica di Slovenia busta 2, Fasc.148) alle Federazioni di Trieste, Gorizia e Udine del P.C.I.; secondo Paolo Spriano (Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, vol 5°, La Resistenza, Togliatti e il partito nuovo, 1975, nota 1 p. 435) ) alle federazioni di Trieste e Udine del PCI, lessi il testo della stessa pubblicato in Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale, cit. pp. 192-201. La lettera viene definita “Riservatissima”, e tale doveva essere, ma non era certo una peculiarità per una missiva. Comunemente allora venivano definite “riservatissime” lettere il cui contenuto non doveva essere divulgato, insomma da tenere per sé.
La lettera è datata 24 settembre 1944, e se venne scritta, lo fu in un preciso contesto storico.
I primi giorni di gennaio del 1944, Vincenzo Bianco, nome di battaglia Vittorio, lasciava Mosca, l’Urss e Palmiro Togliatti per raggiungere l’Italia con il preciso compito di recarsi al sud della penisola per «riallacciare i contatti, informare i membri della Direzione all’interno del paese sulle nuove posizioni politiche del partito e stabilire collegamenti radio con Togliatti e Dimitrov a Mosca». (Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale, pp. 183-184).
Bloccato nel suo viaggio sulla linea del fronte, Bianco riuscì a raggiungere il quartier generale di Tito, a Dvar, solo alla fine di aprile 1944, apprendendo che ormai al sud era giunto Togliatti.
Quindi decise di modificare il suo tragitto e di non recarsi più a Roma ma a Milano, ed, in attesa di documenti falsi per circolare in Italia, dopo aver contattato Togliatti ed aver dallo stesso ricevuto direttive, le scrisse, il 10 giugno 1944, alla Direzione del P. C.I. Alta Italia. Tali direttive devono esser lette in modo contestualizzato, in una situazione in cui Roma era liberata, si pensava ad un imminente arrivo degli alleati anche a nord, ed ad un’insurrezione popolare, con creazione di zone libere. In detta lettera veniva ribadito, per quanto riguarda il rapporto con i comunisti sloveni, il concetto di “lottare insieme” contro Hitler e Mussolini, coinvolgendo il popolo nella lotta. (Ivi, pp. 184- 186).
Infine Bianco raggiunse Milano alla fine di giugno, e quindi, su incarico dalla Direzione del Partito, si portò, i primi giorni del settembre 1944, a Trieste, con Umberto Vratuša, che doveva rientrare al 9° Corpo d’Armata. (Ivi, p. 186).
Qui gli venne recapitata una lettera di Edvard Kardelj, leader del Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno, datata 9 settembre 1944. (Ivi, p. 186, sintesi della stessa, ivi, pp. 197-189). Ma alla stessa data in documenti in IFSML, Fondo: Slovenia, cit., risulta, pure, alla Busta 2 Fasc. 151, una «Lettera della Direzione del Pci al Comitato centrale del Pcs ed al compagno Kristof – Edvard Kardelj del 9 settembre 1944 e sulla rinuncia all’accordo tra il Clnai e l’Of.».
Inoltre in Fondo. Slovenia, cit., Busta 2, Fasc. 145, si trova la traduzione slovena della lettera, datata 15 settembre 1944, di Vincenzo Bianco – Vittorio al Comitato centrale del Pcs e al compagno Kristof – Edvard Kardelj, in risposta alla lettera di Kardelj del 9 settembre 1944: in cui Vittorio chiede la consultazione con la Direzione del Partito Comunista.
Ed il 17 settembre 1944 Vincenzo Bianco scriveva a Palmiro Togliatti. La traduzione in sloveno della lettera si trova in Fondo: Slovenia, cit., Busta 2 Fasc. 146.
Parallelamente, sempre stando ad un documento in Fondo: Slovenia, cit., Busta 2 Fasc. 149, veniva fatta, il 1° ottobre 1944, una dichiarazione comune della Direzione del Pci per l’Italia occupata e dell’Esecutivo per l’Alta Italia del Psi con cui si faceva proprio il patto stretto tra le due direzioni centrali.
Infine quello che stupisce della lettera di Bianco alle Federazioni, è che esiste pure in: IFSML, Fondo: Slovenia, cit., Busta 2, Fasc.150 una lettera scritta a mano, datata 11 ottobre 1944, firmata “tuo affmo Vittorio” alla compagna ed amica, a Lidija Sentjurc in cui Bianco, di suo pugno, fra l’altro scrive: « feci ritardare la corriera, per dargli un recapito affinché gli italiani e voi abbiate il collegamento con il nostro Comitato Regionale delle Tre Venezie, che ha pure il compito di curare la parte italiana del Littorale. (…). La lettera del compagno Kristoff ha fatto buona impressione. Vedremo se siamo d’accordo sulle conclusioni da tirare». Il che significa che le conclusioni non erano ancora state prese. Inoltre egli non fa riferimento alle Federazioni del Partito Comunista come referenti, ma al Comitato Regionale delle Tre Venezie.
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Confesso, a questo punto, che non capisco perchè qualcuno abbia dato tanta importanza alla lettera di Vincenzo Bianco datata 24 settembre 1944, ammesso sia mai stata scritta da lui, dato che è collocata in mezzo ad una serie di lettere relative ai rapporti tra Pcus, Kardelij ed i Comunisti Italiani, in un contesto in cui si stava passando, nell’autunno 1944, dall’idea che la liberazione fosse vicinissima, senza pensare minimamente ad un possibile proclama Alexander ed ad un lunghissimo inverno in montagna, al fatto che l’offensiva alleata si fosse fermata, cancellando la prospettiva di un’insurrezione vicina. Inoltre si stava valutando ciò che stava avvenendo al Sud, che al Partito Comunista Italiano non pareva collocarsi nello spirito per cui si stava combattendo.
Relativamente ai contenuti della lettera di Bianco datata 24 settembre 1944, Paolo Spriano, alla fine del suo intervento intitolato: La questione nazionale ai confini orientali nelle posizioni e nel dibattito politico delle forze della sinistra storica, in: AA.VV., Resistenza e questione nazionale, Del Bianco ed., 1984, vol. 1°, p. 69-70, pubblica una lettera datata 24 ottobre 1944 indirizzata a Guido, Aldo Lampredi, non firmata ma attribuita a Pietro Secchia (Ivi, p. 66) non si sa da chi, in cui si legge: «Vittorio ha inviato una lettera alle organizzazioni di Trieste, Udine, Gorizia, firmata il C.C. del P. C.I. nelle quali dà direttive da seguire a queste organizzazioni. Per le direttive non c’è nulla da dire, ma la firma è sbagliata perché abusiva. A parte il fatto che noi non siamo il C.C., lì altro motivo è che noi eravamo allo scuro di tutto, non avevamo ancora discusso la questione, non ci eravamo ancora pronunciati. Era inoltre inopportuno ed imprudente che quelle direttive fossero inviate in quella forma e specialmente con quella firma. Molte cose potevano essere dette ma in altra forma. Sarà bene fare sapere, alle tre federazioni interessate, alle quali quel documento è stato inviato, che la firma C.C. del P.C.I. è sbagliata, si deve invece leggere: per la Direzione del P. dell’Italia occupata. Vittorio». Purtroppo Paolo Spriano non ci dice da dove provenga detta lettera.
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Ma ritorniamo alla lettera di Bianco alle Federazioni del P.C., il cui testo risulta battuto a macchina. Esiste una copia di detta lettera praticamente identica a quella pubblicata su Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale, cit., pp. 192-201, presso l’Archivio Fondazione Istituto Gramsci, a Roma, ed una, già da me menzionata, presso l’IFSML.
Per quanto riguarda la copia della lettera riportata da Pierluigi Pallante, egli stesso fa presente, in nota 22 p 201, che: «La copia della Riservatissima che utilizziamo si trova in IFSML Udine, fondo Iaksetich, busta XXXIII, fasc. 53. Scrive Iaksetich, […]: “Mi è stato difficile reperire una copia della ‘riservatissima’. Quella che ho potuto rintracciare l’ho avuta da un compagno sloveno … È una copia che deve essere stata battuta da uno sloveno perché spesso viene usata l’ortografia slovena (demokrazia, fascizmo, Evropa, ecc.). Un compagno che conosce sia l’italiano che lo sloveno pensa che sia una traduzione, ben fatta, dallo sloveno all’italiano. … Io … la ritengo fedele ed è solo per questo che la utilizzo. Bisogna, però, tener presente che si tratta di una traduzione, fors’ anche della traduzione di una traduzione, e che i traduttori involontariamente possono tradire il senso dell’originale in qualche particolare.” Anche Vincenzo Bianco, che pur afferma di non poter ricordare esattamente il senso della riservatissima, ci ha confermato che potrebbe trattarsi di un testo abbastanza conforme all’originale. Abbiamo corretto l’ortografia del testo». (Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale, cit., nota 22, p. 201).
Alla nota 11, p. 187, inoltre, Pierluigi Pallante scrive, in riferimento alla lettera di Kardelj del 9 settembre 1944, che la stessa «era scritta in sloveno, lingua che Bianco non conosceva, e quindi gli venne tradotta in italiano da Vratuša, che traduceva come voleva». Ovviamente non sappiamo con certezza se Vratuša traducesse come voleva, ma è ipotesi di Pallante.
Il problema è invece un altro, e cioè che, come constatato sia da me che dalla direttrice dell’IFSML, dott. Monica Emmanuelli, nella collocazione in cui Pallante pone la lettera di Bianco alle Federazioni del Pci del Friuli Venezia Giulia, datata 24 settembre 1944, non esiste copia alcuna, attualmente, di detta lettera.
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Esiste invece una copia della lettera di Bianco datata 24 settembre 1944 in IFSML, Fondo: Slovenia, cit. Busta 2, Fasc.148. Il testo è lo stesso pubblicato da Pierluigi Pallante, ma la lettera, che non consta essere traduzione dallo sloveno, come visto pure dal prof. Alberto Buvoli e dalla dott. Monica Emmanuelli, da me chiamati, porta due date molto diverse, una in apice ed una in coda battute a macchina. Quella in apice è la seguente: Prepisano, 4 XI 1949, la seconda è 24 IX 1944.
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A questo punto, sempre alla caccia di un originale, ho consultato Paolo Spriano, che nel suo: Storia del Partito, cit., vol. 5°, non riporta il testo della lettera, ma alla nota 1 di p. 435, scrive che esiste copia della “Riservatissima” datata 24 settembre 1944 in APC, Direzione Centrale, scatola rossa.
Dato che mi era stato detto che l’Archivio del Partito Comunista era passato alla Fondazione Istituto Gramsci di Roma, mi sono recata, dopo gli opportuni contatti ivi. In effetti vi è una copia della lettera in Fondazione Istituto Gramsci Archivio, Roma, collocazione: IZDG, b. 534, fasc.III/B, ma: sorpresa delle sorprese, è una copia, con stesso testo di quella pubblicata da Pierluigi Pallante, ove viene usata l’ortografia slovena (demokrazia, fascizmo, Evropa, ecc. e mancano spesso le doppie e gli accenti), in sintesi potrebbe essere copia di quella che si trovava nel fondo Iaksetich dell’ IFSML, ora introvabile. Ed avendo copia della lettera scritta a mano da Vincenzo Bianco a Lidija Sentjurc, mi sento di dire che questo non era l’italiano utilizzato da Vincenzo Bianco. Ma il problema non è solo mio, se qualcuno ha scritto alla fine della stessa la seguente dicitura, senza firmarsi: «la piena autenticità del documento lascia qualche sospetto. Potrebbe trattarsi di una ritraduzione dallo sloveno o almeno di una copia di mano slovena. (Probabilmente nella lettera al comp. Oscar del 5 -XI- 44 si allude a questa lettera). (Si noti comunque che nei doc. Osoppo si rileva che la “questione slovena” è entrata nella sua fase anche a ½ settembre)».
Chi ha dato questa copia della lettera alla Fondazione Istituto Gramsci? Mistero. Ma è invero molto improbabile che si tratti della copia dell’originale giacente presso l’Archivio Centrale del Pci.
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Una lettera di Vincenzo Bianco, Vittorio, alle federazioni del Pci del F.vg magari ci sarà anche stata. Ma qual è il testo esatto? Infatti io, che però non sono una esperta in storia della penisola jugoslava, mi chiedo se si potesse scrivere nel settembre 1944, con Belgrado non ancora liberata: «La soluzione stessa data è già in vigore dei problemi Nazionali della Federazione Jugoslava sotto la Direzione del comp. Tito. È una garanzia sicura e certa, che nulla verrà fatto, che possa offendere i sentimenti nazionali degli italiani che vivano nelle zone miste confinanti con il nostro paese. Gli Sloveni, come pure i Croati, Serbi, Montenegrini, hanno ottenuto nella nuova Jugoslavia la loro autonomia statale nella libera Federazione Jugoslava, che garantisce ad ognuno di essi il loro sviluppo politico, economico, culturale e Nazionale», (Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale, cit., p. 198, ma il testo della lettera è lo stesso, sia per la copia all’ifsml, Fondo: Slovenia, cit., che per quella presso l’Archivio della Fondazione Istituto Gramsci).
Inoltre secondo Pierluigi Pallante, La questione nazionale del Friuli Venezia Giulia e i rapporti fra i comunisti italiani e jugoslavi durante la resistenza: alcuni problemi ancora aperti, in Resistenza e questione nazionale, op. cit., nota 89 p. 113, Umberto Massola, nel suo rapporto a Togliatti, il 13 dicembre 1944, non fa riferimento alcuno alle direttive di Vincenzo Bianco. E sempre Pallante, ivi, alla nota 88 precisa che le direttive date dalla Direzione del P. C. Alta Italia su “La Nostra Lotta”, secondo Gianpaolo Gallo non si discostavano molto da quelle date da Vincenzo Bianco. Per inciso Giampaolo Gallo, nel suo Note sul Partito Comunista Italiano e le Garibaldi friulane, in: Resistenza e questione nazionale, cit., p. 184., data la lettera di Bianco alle Federazioni 29 settembre 1944, ma questa data non è stata mai da me reperita.
Comunque adesso sono io che incomincio ad avere dubbi sulla documentazione originale del P.C.I.. E poi ripenso al dopoguerra ed all’anticomunismo ed all’antislavismo non solo qui, a documenti inesistenti, a documenti falsi, alle interpretazioni ed alle citazioni senza contesto, alle frasi estrapolate … Fiumi di inchiostro si sono utilizzati per scrivere della questione giuliana, o slovena o del confine orientale per “noi”, occidentale per “loro” dimenticando non solo il 1941 ma anche del fatto che nel 1916 i soldati italiani cantassero «O Gorizia tu sei maledetta … Voi chiamate il campo d’onore/ questa terra al di là dei confini/ …»… Ma queste sono solo considerazioni personali.
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Relativamente a documenti inesistenti, mi riferisco al caso di quello sulla base del quale Mario Lizzero, dopo la sua morte, venne accusato dal “Corriere della Sera” di essere il mandante dell’omicidio di Porzus. Il 27 agosto 1997, il “Corriere della Sera” pubblicò, con grande evidenza, un articolo firmato da Gian Antonio Stella in cui si accusava Mario Lizzero di essere, con Giovanni Padoan, il mandante della strage di Porzûs, sulla base di un rapporto segreto dell’agente del S.I.M. Renato De Francesco, custodito presso l’Archivio del Consiglio dei Ministri. A questo punto Fidalma Garosi, moglie di Mario Lizzero, ed il figlio Luciano Lizzero denunciarono sia il “Corriere della Sera” nella persona del suo direttore responsabile, sia il giornalista Gian Antonio Stella per diffamazione nei confronti del loro congiunto e vinsero la causa perché né giornale né giornalista furono in grado di mostrare il rapporto dell’agente del Sim, su cui si basava l’articolo, rapporto che risultò inesistente. (Gianna e Luciano Lizzero contro il “Corriere della sera”, quaderni della Resistenza n.13, Anpi 2007).
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Per quanto riguarda invece il caso di documenti falsi mi riferisco alla falsa lettera di Vittorio Vidali su Pellegrini. Dopo le vicende tumultuose per il Pci del 1956, che videro il partito messo in crisi dal susseguirsi di scosse nell’Europa orientale, Luigi Cavallo, persona ambigua, prima vicino ai comunisti poi, dal 1954, elemento di spicco di “Pace e Libertà” con Edgardo Sogno, (per la figura di Luigi Cavallo si rimanda a Alberto Papuzzi, Il provocatore, Torino, Einaudi, 1976, ad Alberto Papuzzi, Il giudice. Le battaglie di Raffaele Guariniello, Donzelli, Roma, 2011, ed ad Alberto Papuzzi, La morte di un doppiogiochista, in La Stampa, 13 settembre 2005), iniziava la sua attività anticomunista prima alla Fiat, e, successivamente, in altri stabilimenti, anche a Monfalcone e Trieste. Egli venne condannato da Raffaele Guariniello per violazione sulle leggi della stampa e sulle investigazioni. Infatti detto giudice trovò ben 350.000 fascicoli con schedature e frutto di azione di spionaggio, attribuiti a “Pace e Libertà”. (Gian Luigi Bettoli, Roma, Trieste, Venezia, Giacomo Pellegrini dirigente del Pci e parlamentare, tra guerra e dopoguerra, in Giacomo Pellegrini nel secondo dopoguerra: una prima ipotesi biografica, in: storiastoriepn.it, p. 52).
Inoltre il giudice Guariniello, nella sentenza, accusò pure Luigi Cavallo di aver diffuso un opuscolo apocrifo, attribuito esplicitamente a Vittorio Vidali, Segretario del Partito Comunista del Territorio di Trieste contro Giacomo Pellegrini, del Partito Comunista Italiano, che risultava stampato per conto delle Edizioni “Il Lavoratore” – Via Capitolina, 3 – Trieste, quindi presso la sede comunista triestina. (Ivi, p. 55 e p. 57). Si era al momento della confluenza del Partito Comunista del Territorio Libero di Trieste, di cui era segretario Vittorio Vidali, nel Partito Comunista Italiano, di cui Giacomo Pellegrini era uno dei maggiori esponenti. «[…] è forse perché siamo alla vigilia di un avvenimento di tanta importanza in seno al movimento operaio italiano, – riporta Gian Luigi Bettoli – che in questi giorni le solite centrali di provocazione hanno messo in circolazione un opuscolo libellistico contro il compagno Giacomo Pellegrini – opuscolo che viene presentato come pubblicazione del «Lavoratore» il cui contenuto è attribuito al compagno Vittorio Vidali. Venuta a conoscenza di ciò la segreteria del Pci di Trieste ha emesso un comunicato in cui «denuncia alla opinione pubblica questo vergognoso e grossolano falso da parte di provocatori anonimi, ma non per questo meno identificabili tra quanti, da tempo, si distinguono in azioni furfantesche del genere. Le calunnie contenute nel libello appartengono allo sporco arsenale anticomunista dei provocatori di “Pace e Libertà” ed il falso riguardante l’autore e l’editore dell’opuscolo rivela ispiratori e finanziatori della stessa risma di coloro che in questi giorni sono stati denunciati sull’«Unità» per altri falsi diffusi in varie città d’Italia». (Ivi, p. 57).
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Se si vuole trovare, poi, come si possa alterare di fatto una lettera, rimando chi lo desideri alla lettura di “Marco Maggioni, L’enigma Palmiro Togliatti, La lettera del ’92, in: http://www.larchivio.org/xoom/togliatti.htm, ma anche a: Manipolata la lettera di Togliatti, in: La Repubblica 14 febbraio 1992, unici riferimenti a detto caso da me reperiti su internet.
Riporto qui cosa vi si legge. «Se la verità sfugge in molti casi, senza rigore storico è assai difficile anche solo avvicinarsi ad essa. Ne è esempio un fatto relativamente recente, accaduto nel 1992, che coinvolse storici, partiti e opinione pubblica. Ci riferiamo al cosiddetto “falso della lettera di Togliatti”, che poi tanto falso non era. Siamo nel 1992.
Ecco cosa dissero i vari Tg di allora, in conseguenza della pubblicazione di alcuni brani di una lettera che Togliatti manda al compagno Vincenzo Bianco, nel 1943.
Tutto comincia sabato 1 febbraio 1992 verso l`una del pomeriggio, quando le agenzie anticipano lo scoop di Panorama: il 15 febbraio 1943 l`allora segretario del Comintern, il leader comunista italiano Palmiro Togliatti, rispondeva al suo compagno Vincenzo Bianco che chiedeva di risolvere lo stato di prigionia dei prigionieri italiani in Russia: il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro la Russia si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore e il più efficace degli antidoti, scrive Togliatti. Una settimana prima l’opinione pubblica era rimasta sconvolta per il ritrovamento, negli archivi del Kgb, di migliaia di fascicoli riguardanti i detenuti italiani dell’Armir, morti nei lager di Stalin. Sulle pagine dei giornali e alla televisione erano ricomparse dopo quasi cinquant’anni le facce gelate e smarrite di soldati e ufficiali mandati allo sbaraglio dal governo fascista di Benito Mussolini. Argomenti trascurati da anni riemergono di colpo. Dinanzi alla lettera sull’Armir, tutti i politici, da Bettino Craxi ad Achille Occhetto, hanno usato l’aggettivo “agghiacciante”.
E` stato il Professor Freiderich Firsov, uno storico che ha dedicato tutta la sua vita a studiare i documenti del Komintern, a fornire la lettera al giornalista Francesco Bigazzi e allo storico Franco Andreucci..
In Italia la sera del sabato 1 febbraio 1992, i telegiornali annunciano lo scoop della rivista Panorama. La domenica 2 febbraio la bomba riesplode su tutti i quotidiani. Lunedì 3 febbraio Panorama è in edicola. Il suo scoop è quasi invisibile. Nessun annuncio in copertina. Solo un titoletto ad una colonna a pagina 72 “Togliatti e l’Armir. Stalin lo vuole.” Ma ormai il boom è lanciato e viene utilizzato a fini elettoralistici. La tragica sentenza di Togliatti nei confronti dei soldati italiani che stavano morendo in massa nei lager di Stalin dopo la campagna di Russia. (…). Il giallo della lettera di Togliatti, dopo pochi giorni, è risolto. Grazie ad una maggiore attenzione al testo originale. Si rivela un falso clamoroso». (Marco Maggioni, L’enigma, cit., ).
Ho scritto questo articolo per far comprendere come occuparsi di storia seriamente non sia facile, iniziando dall’analisi delle fonti, per esprimere le mie perplessità, per vedere se qualcuno riesce ad avere qualche risposta alle mie domande.
Laura Matelda Puppini
L’immagine da me scattata rappresenta la prima pagina della lettera di Vincenzo Bianco presso IFSML, Fondo: Slovenia, cit. Vietata la riproduzione dell’articolo o di parti dello stesso senza citazione della fonte. Ricordo che gli articoli pubblicati su www.nonsolocarnia.info sono coperti da copyright degli autori. Laura Matelda Puppini
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Una persona mi scrive, in forma privata, che Vratusa si chiamava Anton. Ho copiato il nome Umberto dal testo di Pierluigi Pallante, Il P.C.I. e la questione nazionale, cit., p. 186, ove si legge testualmente: “Vincenzo Bianco […] tornò a Trieste accompagnato da Umberto Vratusa, che da Milano rientrava al IX Corpo.
Da una velocissima ricerca, risulta che Umberto fosse il nome di battaglia di Anton Vratusa, e, nel caso specifico, come può accadere, un partigiano viene citato con il nome di battaglia seguito dal cognome per non confondere con altro /i stesso nome di battaglia. Per esempio Marchetti parla di Paolo Foi ma nella realtà trattasi di Alessandro Foi nome di battaglia Paolo. Così qui intendisi Anton Vratusa, nome di battaglia Umberto. (cfr. Lettera di Anton Vratusa – Umberto in scheda Busta 1 Fasc 52, Fondo Slovenia ,cit.).