Questa volta vi presento un altro problema per la Carnia: quello della salvezza delle sue bellezze e dei segni della sua storia antica e materiale.

Leggo che sono molte qui le persone, che le forze dell’ordine cercano di identificare, che girano con un metal detector in mano, oggetto che dovrebbe venir vietato. Ma ci sono stati anche coloro che hanno privato casa Gortani del suo mobilio e delle sue suppellettili, (1), coloro che, magari, si sono portati a casa documenti da archivi non ancora inventariati ma forse anche inventariati, e si sono dimenticati di restituirli, e ci sono stati diversi furti nelle chiese. Basti pensare che gli antichi documenti della chiesa di San Martino a Tolmezzo sono stati recuperati acquistandoli sul mercato dell’antiquariato a Venezia, dopo che qualcuno aveva segnalato la loro presenza.

Ma la Carnia ha pure molti segni della storia materiale del territorio, che possono degradarsi o sono già irrimediabilmente degradati, ed uno di questi è la centralina per la produzione di energia elettrica di Pusea di Verzegnis, la prima sorta in Carnia, giunta ora di nuovo alla ribalta grazie ad un comunicato di Furio Honsell, di Open Sinistra Fvg.

Questo il testo: «Questa mattina abbiamo depositato un’interrogazione in Consiglio per conoscere le intenzioni degli Assessorati circa il possibile recupero in chiave turistica, didattica e museale della centralina idroelettrica sita in località Pusea a Verzegnis, ad oggi in completo stato di abbandono. È un’istanza che arriva dagli abitanti della Carnia e dagli amanti delle nostre montagne, vista anche l’importanza storica e culturale del sito: è necessario procedere quanto prima ad un recupero quanto più ampio possibile degli impianti di questa storica centralina. Essa fu costruita nel 1902 e tuttora rappresenta un monumento all’ingegnosità carnica: basta pensare che essa diede luce elettrica di notte al primo paese della Carnia permettendo durante il giorno l’azionamento di una serie di strutture, fra cui un mulino, un’officina, una sega veneziana, una pialla, un tornio ed una mola.

Non lasciamo morire i paesi della nostra montagna, dobbiamo essere capaci di creare delle attrazioni e delle esperienze sostenibili per il futuro di questo territorio, all’insegna dell’armonia e del rispetto dell’’ambiente’[…]».(2).

La turbina di Pusea. Da Zaneto Fior, (testo a cura di Fulvio Castellani), Verzegnis a cuore aperto, Ud, 1989, p. 67.

Ma se quella di Pusea fu la prima, ad essa ne seguirono altre, frutto degli insegnamenti appresi all’estero dagli emigranti o della lungimiranza di qualche industriale locale, e dell’‘ingegno’ e del desiderio di vivere meglio in Carnia, non più a ‘lume di candela’ o con una lucerna ad olio in mano, e facendo muovere gli opifici con la ruota o con il vapore, come la segheria che esisteva, in comune di Verzegnis, fra Riviasio e Santo Stefano.  

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Diciamo che l’idea di valorizzare Pusea di Verzegnis e la sua centralina sono di ‘vecchia data’ e quindi non sono una novità, se si legge quanto riportato in un articolo di Igino Piutti intitolato: “Alto Friuli: il fascino di Pusea, una riflessione sul futuro della Carnia” (3), datato 5 maggio 2018, ove il Piutti prende spunto dal piccolo borgo verzegnese per fare una serie di sue personalissime riflessioni sulla Carnia.  

In esso così si legge: «Nel 1902 tal Giuàn di Tònia s’è fatta la centralina idroelettrica. Di notte la corrente illuminava le case. Di giorno l’energia della turbina veniva utilizzata per azionare un mulino, una sega veneziana, una pialla, un tornio e una mola. Si vedono ancora i resti degli impianti, e fa specie che a nessuno sia venuta l’idea di recuperarli, per farne un piccolo museo. Sarebbe stato un richiamo in più, per non lasciar morire il paese». (4).

Ma lo stesso autore aveva inviato, sullo stesso tema, un articolo similare a quello appena citato anche al Messaggero Veneto, pubblicato dal noto quotidiano locale sempre il 5 maggio 2018.

Però, secondo me, ci sono forse in Carnia ed in alta Carnia altri borghi ben più belli, e mi scusino i puseani, da valorizzare, altri frutti dell’ingegno umano da ricordare. E lo scrivo io, che sono la storica che ha posto, nero su bianco anche per i posteri, il più grande risultato della capacità economica carnica, che poté realizzarsi però in collegamento con il grande circuito socialista cooperativo dei primi Novecento, distrutto dal fascismo: il gruppo delle cooperative carniche. E così lo ricorda Roberto Meneghetti: «La Cooperazione Carnica era cresciuta attorno e per merito di un gruppo di persone che era l’anima dell’apparato; essa era vista e voluta come un tutto unico, anche se suddivisa in comparti specializzati per settori operativi che si ramificavano e si sostenevano in tutta la Carnia ed il Canal del Ferro […]», e si univano «in un intreccio molto saldo e ben congegnato, visto nel suo insieme come un tutto unico mosso da un unico centro motore». (5).

La copertina del mio volume ‘Cooperare per vivere. Vittorio Cella e le Cooperative Carniche 1906-1938, Gli Ultimi, 1988. 

Ora in Carnia, che fu terra socialista e di cooperazione, vi è da tempi immemori chi vuole elogiare unicamente la genialità del singolo e non quanto fece il socialismo che portò, in questa terra martoriata, una ventata di reale novità, sull’onda di quanto stava avvenendo in Italia ed in Europa. Ma io credo che questa sia una chiave di lettura dei fatti molto romantica e poco storica, che accomuna le destre e che fu pure per lo più democristiana, che parte da Jacopo Linussio che visse in un determinato momento storico quando il socialismo non utopistico era al di là da venire, ed in un determinato contesto e legame con la Serenissima, per agganciarvi, a fatica, altre figure più o meno note, e cercando di minimizzare o cancellare tutta la grossa esperienza del gruppo cooperativistico e del Segretariato dell’Emigrazione, che rischiarono di finire nella ‘damnatio memoriae’ assieme a Vittorio Cella e Riccardo Spinotti, da me e dal gruppo Gli Ultimi riportati alla luce. Negli anni ’50 e ’60 nessuno parlava di loro, ed erano stati, praticamente, cancellati insieme a quanto fecero. E pensare che, a livello idraulico, Vittorio Cella, con l’Ente Autonomo Forze Idrauliche del Friuli, aveva sposato un progetto grandioso: quello di sbarrare il Tagliamento, per dare energia elettrica alla Carnia intera, distrutto dagli interessi di chi voleva sfruttare il nostro territorio dandoci poi in cambio briciole e neppure quelle!

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Ma anche ora mi pare che si glissi un po’ troppo sull’esperienza della classe operaia e lavoratrice, e, per esempio, mentre nelle mie interviste ‘rigolatesi’, fatte insieme a mio marito, il dott. Alido Candido, il valore dell’esperienza cooperativa viene messa bene in luce (6), come del resto negli incontri e nel filmato promossi da Confcooperative per il suo centenario (7), nella nuova e costosissima opera del sindaco di Rigolato Fabio d’Andrea, che fu leghista, essa pare quasi dimenticata o relegata alla latteria cooperativa fra l’altro turnaria, mentre egli dà molto spazio ai singoli negozi e negozianti. (8).

Con questo però non voglio dire che anche l’esperienza del mutuo soccorso prima, e cooperativa poi, non abbiano avuto bisogno pure di borghesi preparati, lungimiranti e filantropi, come per esempio i socialisti Vittorio Cella e Riccardo Spinotti, o, nel campo dell’emigrazione, dell’avvocato socialista Giovanni Cosattini o di Ernesto Piemonte. E come dimenticare il maestro Eugenio Caneva di Collina, che realizzò, organizzando e guidando i suoi paesani, la prima latteria cooperativa della Carnia, o il cooperativismo cattolico, talvolta sostenuto da sacerdoti che volevano sollevare i loro parrocchiani da una vita misera, abbruttita e piena di stenti, come desideravano pure i socialisti?

Zaneto Fior, op. cit. Segheria a vapore in comune di Verzegnis p. 53.

Ma ritorniamo ora alla centralina di Pusea, da cui sono partita. Nel campo della produzione dell’energia elettrica in Carnia, certamente l’esperienza più importante, famosa, ed ancora attuale è quella della Secab, Società Elettrica Cooperativa dell’Alto Bût, che rappresentò «la prima azienda friulana per la produzione e distribuzione di energia idroelettrica sorta in forma di cooperativa». (8).

Per quanto riguarda la centralina di Pusea, io scrivo, nel mio: ‘Cooperare per vivere’ che: «A Pusea di Verzegnis un gruppo di emigranti locali, provenienti dalla Romania, costruì, con capitale proprio, nel 1901 la prima centralina elettrica della Carnia. Il dato vale la pena di essere ricordato, anche se non si trattò, probabilmente, della creazione di una cooperativa atta allo scopo». E per queste righe ho pure citato una fonte: il signor Fior Daliso di Verzegnis, ora deceduto, ma anche ‘altri’, in generale, di cui però non ho registrazione, ma avevo solo appunti. (10).  E nel 1988 io, che ero allora andata a vedere il manufatto, scrivevo che «i resti della centralina sono ancora visibili a Pusea» (11). Secondo Igino Piutti, invece, fu realizzata, come già scritto, da ‘Giuàn di Tònia’ (Giovanni di Antonia), che così, però, non è identificabile per noi poveri lettori, e fu costruita nel 1902 invece che nel 1901, senza citare da dove abbia preso queste informazioni.

Ma vediamo cosa si legge nel merito su di un libro. Nel suo “Verzegnis a cuore aperto”, edito nel 1989 (12), Zaneto Fior, che tutti ricordiamo per il suo prodigarsi assiduamente per le popolazioni povere, scrive: «[…] la necessità aguzza l’ingegno, cosicché ai primordi del sec. XX° fu ideata e realizzata a Pusea la prima turbina elettrica della Carnia. Gli artefici di una così geniale opera furono Giovanni Deotto e suo figlio Guglielmo, che utilizzarono le acque dei ruscelli di ‘Spissandulas’ e ‘Vovit’ convogliandole in un serbatoio di 200 mc. di capacità e facendole precipitare con una cascata forzata che serviva, per l’appunto, a far muovere i congegni della turbina. La turbina forniva l’energia elettrica alla piccola borgata, ed azionava, contemporaneamente, un mulino, un tornio ed una mola per arrotare. Nel 1922, ad opera di Luigi e Amabile Deotto, fu costruita sull’Ambiesta una centralina idroelettrica che fu in grado di fornire energia elettrica in un primo tempo a Chiaicis e, dal 1924 (dopo un ulteriore ampliamento) ad Assais, Duebis e Pusea. Oggi tale centralina non esiste più; è stata sommersa dal bacino, costruito nel 1953, dalla Sade, che ha dato vita al lago». (13).

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Ma allora chi ha creato la centralina? Un ignoto Giuàn di Tònia; un gruppo di emigranti rientrati dalla Romania, come mi dissero, nel lontano 1985, il signor Daliso Fior ed altri; un gruppo di emigranti rientrati dalla Romania che eseguirono i lavori sotto il capomastro ‘Giuàn di Tònia’; ‘Giuan di Tonia’ con capitali degli emigranti; Giovanni Deotto (che però potrebbe essere ‘Giuan di Tonia’) e il figlio? Non era infatti inusuale che gli operai e coloro che aderivano alle cooperative, avessero una persona che ritenevano particolarmente capace che li guidava nelle scelte e nelle realizzazioni: e non a caso Vittorio Cella può esser ritenuto il ‘manager’ del gruppo delle Carniche, Riccardo Spinotti il principale finanziatore all’atto della sua realizzazione. E la Secab fu cooperativa, ma altre centraline per la produzione di energia elettrica furono realizzate da privati, come quella costruita dalla ditta di Giovanni Venier di Villa Santina (14), o quella fatta costruire, forse solo per il suo mulino, da Pieri Cjalina. (15).

Vittorio Molinari, opificio con centralina elettrica. Forse si tratta del mulino di Pieri Cjalina. (Laura Matelda Puppini, Vittorio Molinari commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne Culture, 2007, p. 41).

Ma cosa resta ora di quegli opifici e della centralina? Nel 2016, secondo Dario Zampa, che sulla centralina e su Pusea scrisse due anni prima di Piutti, erano ancora visibili «la vasca di raccolta dell’acqua, la turbina, le pulegge di trasmissione e la sega veneziana» (16).  Ma cosa significa ‘visibili’? E in che stato è ora quanto era visibile allora? Perché fare un museo non è una spesa da nulla, e bisogna trovare chi poi lo mantiene e gestisce.

Laura Matelda Puppini.

 

(1)   Cfr. Lettera aperta a Claudio Lorenzini sul Museo Carnico delle Arti Popolari ‘Gortani’ di Tolmezzo e sulla Fondazione.

(2) https://www.consiglio.regione.fvg.it/pagineinterne//Portale/comunicatiStampaDettaglio.aspx?ID=753663

(3) Igino Piutti, Alto Friuli: il fascino di Pusea, una riflessione sul futuro della Carnia, in: https://aldorossi.altervista.org/alto-friuli-il-fascino-di-pusea-una-riflessione-sul-futuro-della-carnia/, 5 maggio 2018.

(4) Ivi.

(5) Laura (M) Puppini, Cooperare per vivere. Vittorio Cella e le cooperative carniche 1906-1938, Gli Ultimi, 1988, p. 46. La citazione è ripresa da: Roberto Meneghetti, Sviluppo e liquidazione dell’Istituto Carnico di Credito (già Cooperativa Carnica di Credito) nel primo dopoguerra (1919-1932), in: Storia Contemporanea in Friuli n. 10, – 1979, p. 315. Il mio: Laura M Puppini, Cooperare per vivere, è leggibile su www.nonsolocarnia.info, in: http://www.nonsolocarnia.info/cooperare-per-vivere-di-laura-puppini-parte-i/.

(6) Cfr. in particolare su www.nonsolocarnia.info, le interviste a Noè d’Agaro, a Dino da Vuezzis, a gna’Emma, per la parte relativa ai maestri socialisti, a Dante Puschiasis.

(7) http://www.nonsolocarnia.info/udine-18-novembre-2019-per-i-100-anni-di-confcooperative-i-principi-del-cooperativisimo-e-loro-attualita-seppur-in-diverso-contesto/;

http://www.nonsolocarnia.info/udine-18-novembre-2019-per-i-100-anni-di-confcooperative-parte-seconda-storia-di-latterie-e-cooperazione-cattolica/;

http://www.nonsolocarnia.info/udine-18-novembre-2019-per-i-100-anni-di-confcooperative-cenni-storici-ed-attuali-su-cooperazione-cooperativismo-cooperative-parte-prima/.

(8) Il riferimento è ai tre volumi di Fabio D’ Andrea riuniti dal titolo, “Incontri e Intrecci”, Andrea Moro ed., 2021.

(9) Esiste sicuramente una pubblicazione edita per i 75 anni della Secab, intitolata: 1911- 75° – 1986, “Dall’acqua alla luce: 75 anni di storia della SECAB. Una profonda sintonia tra la Cooperativa e il territorio”; ma ne esistono anche altre, il cui elenco è reperibile in: https://www.secab.it/pubblicazioni/. Brevi note sulla storia della Secab compaiono anche in: https://www.secab.it/storia/.

(10) Laura (M) Puppini, Cooperare per vivere, op. cit., p. 45 e nota 136 a p. 49.

(11) Ivi, nota 136, p. 49.

(12) Zaneto Fior (testo a cura di Fulvio Castellani), Verzegnis a cuore aperto, Udine, 1989.

(13) Ivi, p. 59.

(14) La Patria del Friuli, 1910.

(15) Cfr. foto in Zaneto Fior, op. cit.., p. 47;  ma anche foto in: Laura Matelda Puppini, Vittorio Molinari, Commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi- Cjargne Culture, 2007, p. 41. Infatti gli opifici sembrano glI stessi.

(16) Dario Zampa, Pusea, il paese dei gnaus tra sella Chianzutan e il lago di Verzegnis, in: Messaggero Veneto, 18 luglio 2016.

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